Da dove arriva la vera felicità? Non certo dalle cose che possediamo, da ciò che di materiale bramiamo di ottenere. La felicità è nelle relazioni, nel legami che stabiliamo con gli altri, con gli amici e con la famiglia, nella crescita personale e nella libera espressione della nostra creatività. Soprattutto, la felicità è in noi stessi – ma non possiamo restare soli. Nessun uomo è un’isola, scriveva John Donne.
La felicità non ha senso se non è condivisa. Forse, non esisterebbe nemmeno.
Non sono gli oggetti a garantire la felicità. Ciò che possediamo non è altro che il simbolo di ciò che abbiamo desiderato accumulare dal punto di vista materiale. Il vero problema è il superfluo. Felicità e libertà arrivano insieme quando si smette di desiderare ciò di cui non si ha realmente bisogno. Quando il legame con gli oggetti si spezza e si comincia ad osservarli con distacco, come qualcosa che non risulta per nulla connesso al nostro stato di benessere interiore.
La corsa verso il possesso genera stress e superlavoro. Acquistare una casa più grande o un’auto più potente è una necessità reale? Alcuni desideri non sono guidati da noi stessi, ma dal mondo che ci circonda, dai messaggi pubblicitari e dalla propensione ad imitare gli altri per sentirsi parte di un gruppo omogeneo. Sentirsi accettati, in poche parole.
E’ il momento di riscoprire la semplicità volontaria, il minimalismo, la reale misura del necessario. Che non significa sciatteria e mancanza di cura, ma semplicemente equilibrio, relax. Significa canalizzare le energie verso i desideri che vorremmo davvero realizzare, risparmiando tempo prezioso. Un viaggio, un corso di musica, un progetto creativo o una cena preparata in casa da offrire agli amici hanno molto più valore di qualsiasi oggetto che potremmo acquistare (non perché ci occorre veramente, ma per cercare di placare quel ben noto senso di vuoto, uno stato d’ansia, il dolore di un’assenza).
Quando compriamo qualcosa di nuovo proviamo quel tanto atteso attimo di felicità. Ma se il sospirato acquisto è fine a se stesso, o è compulsivo, la sensazione di benessere è breve.
Notiamo la differenza.
1) Per risollevarci il morale compriamo un paio di scarpe nuove. Siamo felici sul momento, ma quel nuovo paio di scarpe non ci serve davvero, è anche un po’ insolito e rimarrà per sempre in fondo all’armadio. La medesima situazione può ripetersi nel caso degli abiti o di qualsiasi altro oggetto che si va a ricercare per colmare un vuoto. La soddisfazione è – purtroppo, davvero – solo momentanea.
2) Un amico ci ha invitato a partecipare ad una gita in montagna. Il sentiero non sarà difficile da affrontare, ma servono delle scarpe adatte. Le acquistiamo proprio per quell’occasione. La felicità sarà nel percorso da affrontare in compagnia di una persona che stimiamo e nel raggiungere la cima per ammirare il panorama. Forse non indosseremo mai più quelle scarpe, ma l’acquisto non rappresenterà uno spreco. O forse inizieremo ad organizzare delle gite in montagna, di tanto in tanto.
Possono servire anni per comprendere il senso reale di tutto questo, per metterlo davvero in pratica. Legami profondi e vita semplice, atteggiamento positivo e assenza di critica nei confronti degli altri sono le chiavi reali della felicità. L’ho sperimentato a lungo su me stessa. E allora quando torno da un viaggio, anche breve, dopo qualche giorno trascorso lontano da qui, sono felice della mia casa (non immensa, ma dove c’è tutto ciò che occorre), di incontrare di nuovo le persone che mi sono vicine e di fare progetti concreti per il futuro, che includono creatività, apprendimento, crescita personale, passioni e legami – e che rifuggono dalla folle corsa all’acquisto del superfluo.
La felicità esiste davvero dentro di noi.
Dobbiamo semplicemente sentirci liberi per avvertirne la presenza.
Marta Albè
Concordo in pieno!
la felicità non è un qualcosa da perseguire avidamente..
Ma è come un fiore da cogliere sulla strada del dovere.
Sei grande Marta, grazie per i tuoi post su GreenMe.
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