vita

Cento giorni da mamma

In questo post ti voglio parlare dei miei primi cento giorni da mamma, Sono mamma da circa quattro mesi e mezzo, da quando il 16 marzo di quest’anno è nato mio figlio Stefano.

Nell’ultimo anno sono successe molte cose che hanno cambiato e stanno cambiando radicalmente la mia vita. La più importante è la consapevolezza che è arrivata quando ho iniziato a prendermi cura di questa nuova piccola grande vita. Il resto fa parte della stessa storia – la mia storia – ma lo lascio per il prossimo post. Tra qualche giorno, quando avrai letto entrambi i post che mi servono per tirare le file di tutto ciò che è accaduto in questi mesi, forse mi conoscerai un po’ meglio e magari nello scrivere anche io avrò capito qualcosa di più di me stessa.

I miei primi cento giorni da mamma sono scoccati senza saperlo, dato che li ho conteggiati circa una settimana dopo, in una data di per sé già speciale: il 24 giugno. Questo significa che il piccolo Stefano ha compiuto cento giorni in coincidenza con il mio primo anniversario di matrimonio e con il lancio del percorso Crisalidescopri tutto qui.

Ecco, proprio così, quelle coincidenze che in realtà non sono semplici coincidenze ma momenti di bellezza e di meraviglia da ricordare per sempre.

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Il parto è stato un momento catartico.

Per qualche strano motivo mi ero convinta che avrei sentito poco dolore – forse perché mi sento abbastanza resistente al dolore fisico e in grado di sopportarlo – invece il dolore c’è stato ed è stato intenso ma di durata relativamente breve.

Sono trascorse solo tre ore dal momento in cui sono entrata in sala parto alla nascita di Stefano. Non ci sono state complicazioni, è andato tutto liscio e anche piuttosto velocemente per essere il primo figlio, secondo le ostetriche.

Il dolore in sala parto mi ha fatto tirare fuori la voce. Nella mia testa cercavo di modulare la mia voce come se fosse un canto. Non ci riuscivo ma non potevo farne a meno perché era l’unico modo che avevo per sostenere le contrazioni. Nello stesso tempo mi sentivo stanca ma ancora con tanta energia da sfruttare, come una batteria in fase di ricarica.

Al momento giusto mi sono resa conto che la fase espulsiva stava diventando davvero molto meno dolorosa rispetto alle contrazioni del travaglio, da lì ho capito che eravamo quasi alla fine (o all’inizio??) e mi sono sentita decisamente sollevata, vicina al traguardo, mancava poco, pochissimo.

E così Stefano è arrivato tra le mie braccia e mi è sembrato perfetto.

Dopo trentasette settimane era finalmente giunto il momento di vederci dal vivo. Sono la tua mamma e tu sei mio figlio, amore mio.

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Dopo il parto per la mamma inizia un vero e proprio periodo di guarigione. Lo chiamano puerperio, ti dicono che dovrai cercare di non fare troppo sforzi, ti danno informazioni su cosa potrebbe succedere al tuo corpo ma nessuno può garantirti e spiegarti per filo e per segno cosa succederà a te.

Ti dicono che il puerperio dura 40-60 giorni, il tempo che occorre al corpo della donna per ripristinarsi dopo il parto.

La gravidanza e il parto però non riguardano solo il corpo perché ci sono anche l’anima, le emozioni, le abitudini che cambiano, il ritorno a casa, la famiglia da gestire, l’allattamento – e tanto altro, ogni mamma lo sa.

Alle mamme appena nate può servire un po’ più di tempo per riorganizzare la propria vita e i cento giorni del titolo di questo post vogliono solo essere qualcosa di simbolico legato alla mia esperienza, potrebbero rappresentare un numero magico anche per altre mamme, oppure no, perché ogni vita è diversa.

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Ciò che fin da subito mi ha lasciata a dir poco meravigliata è la comunicazione che nasce tra mamma e bambino.

I neonati sono piccolissimi ma comunicano già, si fanno capire con il pianto, con i movimenti, con lo sguardo, con le espressioni del viso. Lo sapevo, in teoria, ma poter osservare questa magia in pratica e trovarsi ad interagire con un piccolino è tutta un’altra storia, è un’avventura sconfinata.

I primi giorni il pianto mi sembrava solo pianto e dolore, non riuscivo a decifrarlo molto bene, ma una bravissima pediatra dell’ospedale in cui ho partorito nei tre giorni di degenza post-parto non faceva altro che dire a noi mamme ‘quando il bimbo piange prendetelo in braccio e dategli la pappa, ha fame e vuole essere consolato, sono questi i bisogni dei suoi primi giorni’.

Con queste parole ha dato una mano al nostro istinto di mamme che certo c’è ma che in quei momenti magari può essere ostacolato dalla stanchezza, dalle persone che abbiamo intorno, da quello che potrebbero pensare gli altri di noi, dai giudizi espressi oppure no e dalle paure.

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Al ritorno a casa nella mia vita di neomamma sono entrate due parole, o meglio due concetti, su cui avevo tanto riflettuto, ma che non sapevo bene se e come si sarebbero concretizzati: allattamento a richiesta e cosleeping.

Nella mia vita precedente da ‘non ancora mamma’ e durante la gravidanza mi sembravano dei concetti un po’ astratti, degli ideali da raggiungere, qualcosa per cui sarebbe servito un allenamento, quelle cose da super mamme mega galattiche che forse non sempre si riescono a mettere in pratica.

Il fatto è che per noi sono diventati la normalità.

Ho allattato e sto allattando Stefano a richiesta perché è così che vuole essere allattato, ha bisogno di essere preso in braccio e coccolato, si consola a contatto con me.

Altrettanto vale per il cosleeping: dorme meglio e più a lungo quando dorme vicino a me e quando mi capita di dormire poco la notte ecco che recupero dormendo per un po’ vicino a lui durante il giorno, quando fa i suoi pisolini.

Così cercando di adattarmi ai ritmi di riposo di mio figlio ho provato a superare il problema della privazione del sonno che nei primi due mesi c’è stata eccome e mi portava a pronunciare frasi sconnesse e assurde nel cuore della notte con episodi tragicomici nel dormiveglia che penso mio marito ricorderà per sempre.

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Sì perché di queste problematiche che spesso le mamme tengono nascoste – perché magari non sanno proprio a chi raccontarlo o perché hanno paura di essere giudicate e sminuite dai loro interlocutori – bisogna parlare di più.

E di recente ne ha parlato in modo rivelatorio e profondo la mamma autrice del blog La tela di Carlotta, in questo post. E qui colgo l’occasione per ringraziarla pubblicamente di averlo scritto. Perché la vita da mamma a volte può essere dura e diventarlo ancor di più senza il supporto e l’aiuto che occorrerebbero ma che non sempre sono a disposizione.

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A proposito di aiuto e di supporto – e qui intendo a livello professionale – il mio ringraziamento va all’ostetrica del consultorio a cui mi sono affidata per proseguire al meglio l’allattamento. Una visita gratuita a domicilio a disposizione delle mamme come me entro i due mesi successivi al parto ha sciolto ogni dubbio.

Così grazie a lei ho scoperto che per quanto riguarda l’allattamento stava andando tutto bene, non c’era nessun problema. Avevo solo bisogno di essere rassicurata.

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Cara mamma o futura mamma, te lo dico con il cuore: non ascoltare chi ti dice che stai tenendo il tuo bambino in braccio troppo o troppo poco, che dovrebbe dormire sempre nella sua culla o sempre vicino a te, che dovrebbe mangiare e dormire a orari stabiliti o quando ne ha voglia. Segui solo il tuo istinto e cerca di capire ciò che il bambino vuole comunicarti.

Il vostro legame è fatto di amore, di sguardi e di messaggi che solo voi due potete capire.

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Un supporto caloroso in più l’ho trovato leggendo un libro speciale, regalatomi da due amiche ancora più speciali. Mentre leggevo sembrava che quelle pagine stessero proprio raccontando ciò che stavo vivendo. Il libro è “Besame mucho” di Carlos Gonzalez, pediatra spagnolo. e lo puoi trovare qui.

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“I bambini cresciuti con affetto sono affettuosi e rispettosi. […] Questa è la loro tendenza naturale, infatti nell’essere umano la cooperazione con altri membri del gruppo è naturale quanto camminare o parlare. I bambini diventano aggressivi se gli adulti in qualche modo li hanno indotti a deviare dalla loro naturale inclinazione. I bambini “educati” a suon di grida gridano. I bambini “educati” a suon di schiaffi, picchiano.”

(Carlos Gonzalez)

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Ricorda: tu sei la mamma e solo tu puoi davvero decidere come crescere tuo figlio perché puoi sentire profondamente quali sono le sue necessità.

Se ci saranno degli ostacoli, vedrai, troverai il modo di superarli.

Cerca persone esperte che possano esserti di supporto, ma se il parere di un professionista non ti convince, cambia, vai da un altro, chiedi un secondo parere. Ascolta sempre e scegli ciò che in questo momento risuona meglio con te, il tuo bambino e il vostro stile di vita e di accudimento.

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Ora scrivo un pensiero con un pizzico di ironia, non me ne vogliano quei papà che magari si riconosceranno.

Se il papà è apprensivo e trova le informazioni più terrificanti sull’educazione e sulla salute del bambino saltando da un link all’altro e navigando compulsivamente tra siti web ben poco accreditati, non preoccuparti: gli passerà. Una bella camomilla e avere a disposizione le persone giuste a cui rivolgervi sono cose che aiutano molto.

Passata la fase di ansia e incertezza i papà diventano adorabili e d’aiuto!

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E quando mi va di leggere qualcosa online per documentarmi un po’ vado sul sito di Uppa – Un pediatra per amico – e devo dire che in ogni caso la versione cartacea di questa rivista senza pubblicità scritta da pediatri ed esperti mi piace ancora di più e la sfoglio quando ho un attimo di tempo.

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Sto vivendo un esperienza di amore incondizionato e immenso, di dedizione, di impegno e di speranza per il futuro.

In questo anno speciale in cui tante care amiche sono diventate mamme o stanno per diventarlo non posso che augurare il meglio a tutte le future madri perché il miracolo della vita si sta compiendo e vale la pena di essere forti, coraggiose e sorridenti ogni giorno fino in fondo.

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Se sei una mamma o stai per diventarlo, ricorda: crea una rete di supporto e trova la tua tranquillità. Quando preferisci stare sola con il tuo bambino, cerca sempre di fare in modo che sia così. Quando avrai bisogno di persone accanto, assicurati di scegliere le migliori per te e il tuo piccolo.

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Con queste parole spero in qualche modo di avere toccato il tuo cuore.

Se vuoi dire la tua lascia un commento qui sotto o scrivimi in privato qui.

Mata Albè

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9 risposte a "Cento giorni da mamma"

  1. Leggo e commento regolarmente il tuo blog da 2 anni. In tutto questo tempo ti ho visto pubblicare tanti post – capolavoro, ma questa è senza dubbio una delle gemme più splendenti.

  2. Io invece sono ai primi cento giorni da nonna, dunque in te rivedo l’esperienza di mia figlia… Al giorno d’oggi siete brave mamme: mature e consapevoli. Chapeau! Io dopo i primi 100 giorni ancora piangevo e basta :-)

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